lunedì 29 settembre 2008

Sono pronto a tuffarmi

Ragazzi, non mi sembra possibile. Davvero. Mi sento come se mi fossi svegliato solo adesso da una sbornia che mi abbia ottuso a tal punto da perdere di vista tutto quanto ho diligentemente programmato da un anno a questa parte: non mi ero reso conto che fosse così tardi! Oggi parto, gente, ho una valigia della taglia di un mediomassimo che mi guata dall’angolo della stanza come a dire okay, amico, siamo in ballo, balliamo. E’ solo una lady che non vuole essere lasciata ad aspettare, eppure parla (parla!) con un linguaggio da sergente da pellicola. Tic tac, la corsa delle lancette della sveglia rincara la dose, mi condanna ad una fretta che non voglio e non sento. Perché ora come ora vorrei solo essere lasciato solo a godermi questa sensazione di sorpresa, la stupefacente sorpresa di quando sei tu stesso a tirare fuori il jolly dalla manica. Ma facciamo un passo indietro. Vivevamo vite facili, spesso ci inventavamo problemi assurdi per ammazzare il tempo perché eravamo assediati dalla noia, così ho progettato una fuga, un’evasione da quell’assenza di problemi che cominciava a prudermi. Mi eccitava l’idea di andarmi a cercare un po’ di sana ansia, di rompere un po’ di ponti e di gettare le basi di qualcosa di nuovo. Solo, non avevo ancora realizzato di esserci arrivato così a un passo. Piacevole l’idea di levare le tende ed andare a tentare qualcosa di ancora intentato da qualche parte che puoi solo immaginarti, quando sai che domani notte dormirai nel tuo letto caldo. Un po’ meno quando non sai dentro (o fuori) quali mura dormirai la prossima volta. Quale sarà l’ultima faccia che avrai visto prima di farlo. Quale sarà l’ultima lingua in cui avrai parlato. L’esatto contrario della prevedibilità, e anche della tranquillità, direi. Eppure, non sarebbe così divertente senza tante incognite.

Dicevamo, partirò, parto, sto partendo. Per quanto? Sei mesi. Per dove? Un posto di cui so solo il nome: Volos. Beh, so anche che è il luogo di nascita di De Chirico e quello di partenza di un’altra spedizione non meno epica della mia, quella di Giasone e dei suoi Argonauti alla ricerca del vello d’oro. Perché? Ci sono ragioni accademiche, ma quelle le lascerò a qualcuno che se ne possa intendere, mica al primo capitato… Con te parlerei piuttosto di quelle ragioni che proprio in questo momento mi stanno facendo iperventilare davanti al sole che sorge nella finestra davanti a me. Della noia, abbiamo detto. Della voglia di mettermi alla prova? Ma non solo. Volevo vedere come il mondo che ho sempre sentito come se girasse intorno a me se la sarebbe cavata in assenza del sottoscritto. Volevo fare le prove generali della fuga, quella vera, da casa. E, last but not least, volevo vedere se è vero quello che si dice se entri in un bar greco e ordini un caffè greco (che è anche a livello molecolare indistinguibile dal caffè turco) chiamandolo caffè turco. Ah, e volevo mettere un po’ di mare tra me e quest’Italia in cui mi sento sempre più clandestino, concedermi il lusso di mescolarmi per un po’ alla folla di stranieri illuminati che ormai da ogni lato si divertono a sbertucciare questo nostro paese di Pulcinella come se non fosse un problema loro (e dico clandestino perché, amico mio, non è più soltanto un discorso di politica; ‘fanculo la politica: ormai diventa sempre più un discorso di dignità, e che…).
Avevo immaginato tante cose belle, vere, vincenti da scrivere nei giorni scorsi, quando la partenza era lontana abbastanza da non farsi toccare. Probabilmente sarebbero suonate anche migliori. Ma nell’urgenza del momento, nel bisogno di renderti partecipe ancora una volta di quello che mi schizza nella testa le ho dimenticate tutte. Avevo concluso l’ultimo post confessandoti che mi eri mancato, che mi era mancata la speranza di coinvolgerti in tutto quello che pulsava appena più forte tra tutte le banalità di ogni giorno. Ma ora non voglio che tu mi manchi, né voglio mancarti. Sono pronto a tuffarmi. Avrai mie notizie nel momento perfetto.
Vuoi sentire per dieci minuti quello che sto sentendo da una notte? Allora mi raccomando, regalateli e ascoltati bene questo live!






giovedì 28 agosto 2008

Non sono morto

Sono morto? Sono morto?
Sono vivo! Sono vivo!
Qui l’uomo dai lunghi capelli
Ha persuaso il Sole
E l'ha convinto a splendere nuovamente
Un passo avanti, un altro passo
Un passo avanti, un altro ancora
Il sole splende!

Haka Ka Mate

Rieccomi qui, l’amico di pixel che invece di raccontarti cos’ha fatto ieri sera ti racconta come si sente ogni giorno. Non sono morto e non ti ho appeso, non bollarmi come desaparecido perché ci sono e vorrei esserci più di quanto non ci riesca. Non voglio menartela con le circostanze che mi hanno trattenuto dallo scrivere in questi due mesi volati, ma anche se non voglio parlarti qui delle mie occupazioni mondane penso che a questo punto qualche spiegazione te la debba. Allo scopo ti dedicherò l’ennesima notte in bianco, quando ho cominciato a scrivere su questo blog non pensavo che il mantenerlo vivo si sarebbe rivelata un’occupazione notturna clandestina, sottratta al normale scorrimento delle giornate e delle ore (ma tant’è: di recente mi è capitato di leggere la riflessione di un’importante scrittore contemporaneo, secondo cui lo scrivere di sé è difficile, ma finisce per diventare un’atto vizioso, inconfessabile… eppure sempre meno rinunciabile. Scrivere di sé è masturbazione).
Domani riparto, mi concederò l’ultimo weekend di mare nel mio amatissimo Cilento, dove mi sono rintanato per il mese di agosto, prima di dover tornare sul serio a casa, senza cazzeggio per un altro annetto almeno. Qualche giorno fa ero lì, ma ho anticipato il rientro in una sorta di perversa partenza intelligente: in spiaggia l’idea della grande città deserta aveva alimentato romantiche ispirazioni di fruttuoso raccoglimento. Così sono salito su un treno e ho fatto stoicamente ritorno a casa. E naturalmente alla fine la città si è rivelata essere troppo deserta per fare qualsiasi cosa che non fosse abbrutirsi. Non ho cavato alcunché di buono da questi quattro giorni di alienazione, e quindi eccomi qui a cercare di ottenere almeno un’unica buona azione smentendo il diffuso sentore di una mia morte sul web, anche se in extremis e in orario eterodosso (e non voglio pensare a quale sarà il mio stato quando di qui a due ore dovrò rimettermi in viaggio).
Dicevo, cos’ho fatto quest’estate? Andiamo per gradi, mio carissimo, dall’ultima volta che ho lasciato qualcosa di scritto qui ne ho passate abbastanza, ma soprattutto ho trascorso un luglio a farmi, se mi si farà passare l’espressione, un discreto culo e un agosto ad adagiare debitamente il suddetto culo nell’acqua. E capirai bene si crea un problema, per così dire, di differenza di tensione nella narrazione, che mi impedisce di raccontarti questi due mesi senza la dovuta distinzione. Anzi, visto che la mia vacanza non è ancora finita mi comporterò come se non fosse nemmeno iniziata e non te ne parlerò, almeno per il momento. E dopotutto fino al fatidico lunedì primo settembre può succedere ancora qualsiai cosa, a mettere l’intera faccenda sotto una luce diversa: se ne riparlerà dunque allora.
Benissimo, allora come me la sono passata fino alla mia partenza per le assolate spiagge, per essere tanto impegnato da non trovare nemmeno il tempo di buttare giù queste righe che mi trovo costretto ad espiare adesso? Dirò solo che in quel periodo ho soprattutto lavorato, mangiato, dormito. Ho fatto un po’ di sano lavoro fisico. Non ho fottutamente sprecato il mio tempo ma ho sperimentato ritmi nuovi, non ho viaggiato ma mi sono mosso molto sul posto e mi sono incallito un po’. La mia mente ha sconfinato di un altro passo e la mia attenzione è stata catturata da sensazioni sconosciute (ma non per questo ho smesso di pensarti).
C’è dell’altro, ovviamente. Ho sognato, a occhi aperti e a occhi chiusi, ma soprattutto a occhi chiusi (sui sogni ad occhi aperti recupererò in seguito). Nei momenti di maggiore stress ho sognato, con molta nostalgia, la commovente amaca di un amico presso la cui meravigliosa casa ischitana mi capitò di essere ospite. Altri di questi sogni hanno poi preso una piega così surreale che mi sono tranquillizzato, e sto cercando di ricostruirmeli con tutta calma scrivendomeli. Forse un giorno te ne parlerò ma questa è un’altra storia.
Ho conosciuto anche un po’ di persone nuove e sono tutti a posto. Forse passeranno anche di qui, non so. Più che altro spero che possano ripassare dalla mia vita, perché le storie di ognuno di noi sono imprevedibili, e un amico non lo trovi dietro ad ogni angolo di strada.
Ti è mai capitato di vedere i Maori della Nuova Zelanda ballare e cantare la Haka? I giocatori di rugby la eseguono prima di ogni partita, e in quel campo è diventato in pratica un marchio immediatamente riconoscibile e di successo in tutto il mondo. Sarà per questo che si è diffusa la convinzione che si tratti di una danza di guerra. Sbagliato. Almeno nella sua forma tradizionale, la Ka Mate, è un canto di gioia. Celebra la vita senza riserve, anche nei momenti duri. Per questo il tono è di sfida. Non è meraviglioso pensare che fin quando siamo vivi, e cazzuti, ogni genere di avventura sorprendente e bellissima può accadere?
Mi sei mancato.





Pearl Jam - Alive

mercoledì 25 giugno 2008

Arrestateci tutti - Attention, please

la libertà è il diritto dell'anima a respirare, e se essa
non può farlo le leggi sono cinte troppo strette.
Senza libertà l'uomo è una sincope.
(Will Hunting - Genio ribelle)

Udite udite! Grande occasione, stavolta siamo in due a parlarvi, gesto reclamato a gran voce dalle nostre coscienze e dalle circostanze critiche: perciò posate manga e pipetta e prestate orecchio.
Come tutti sapete (perché voi lo sapete, vero?) nel nostro Paese è attualmente in corso una deliberata campagna politico-mediatica volta all'indebolimento della libertà d'informazione; questo programma liberticida, fortemente sostenuto dal governo col mutismo, quando non con la connivenza, di buona parte dell'opposizione, non è comunque cosa nuova: la riduzione al silenzio delle voci eccessivamente critiche o potenzialmente scomode fu a suo tempo pianificata dalla P2, la tristemente famosa loggia segreta, autoritaria ed eversiva, tra le cui file figurava l'attuale Presidente del Consiglio (tessera n°625).
A tutti quelli che non condivideranno questo nostro intenzionale allarme vorremmo offrire dei fatti, sgradevoli e angoscianti ma fatti.
Recentemente l'istituto di ricerca internazionale Freedom House ha cambiato lo status della libertà d'informazione in Italia da "libero" a "parzialmente libero", caso unico tra i paesi membri dell'Unione Europea. E l'ultima classifica della libertà di stampa nel mondo di un'analoga associazione, Reportes sans Frontières, pubblicata nel 2006, piazza il nostro Paese ad un imbarazzante 40° posto. Con l'avvertenza, però, che un ritorno al potere di SIlvio Berlusconi (l'indagine è stata condotta subito dopo l'insediamento del secondo governo Prodi) si sarebbe tradotto in un consistente calo di posizione (negli anni del secondo governo Berlusconi li Paese arrivò a toccare addirittura il 70° posto).
Abbiamo scelto di riportare fonti estere in quanto ritenute maggiormente imparziali. Ovviamente rispettiamo l'opinione di chi non si trovi d'accordo con questa lettura del clima nostrano contemporaneo: in tal caso lo invitiamo a riaccendere sul TG4.
Come uno di noi ha ricordato nel post di venerdì scorso, in questi giorni Silvio Berlusconi ha manifestato l'intenzione di impedire, con apposita legiferazione, sia l'utilizzo delle intercettazioni telefoniche a fini investigativi (con l'eccezione delle indagini su reati di terrorismo e criminalità organizzata), sia la pubblicazione dei relativi risultati, anche non più secretati. Un controverso disegno di legge, presentato dal ministro della giustizia Alfano, è stato il giorno stesso approvato dal Consiglio dei Ministri. Noi crediamo che questo divieto, lesivo dei fondamentali poteri di controllo, avrà delle vittime: i cittadini italiani, privati del diritto costituzionale alla libera informazione.
Lo strumento delle intercettazioni, regolato fino ad ora in modo niente affatto "degenerato" come le posizioni filogovernative rappresentano a gran voce, ha permesso di far brillare numerosissimi scandali dei quali ad oggi saremmo rimasti completamente ignari: si va dallo svelamento del sistema di Calciopoli a quello della corruzioni di alcuni membri di Casa Savoia, fino a quella recente degli orrori della Clinica Santa Rita e degli illegali scambi di favori tra lo stesso Berlusconi e il direttore di Rai Fiction Saccà. Ora tutti noi rischiamo di perdere l'estrema libertà di essere informati dell'eventuale rivelazione di casi simili, spesso autentici attentati non solo alla giustizia, ma alla democrazia stessa.

Per questo abbiamo deciso di contribuire nel piccolo del nostro blog ad andare contro questa campagna liberticida. Lo faremo impegnandoci fin da adesso a segnalare, e ove necessario a pubblicare direttamente ogni notizia accertata che riterremo necessaria alla corretta informazione dei nostri lettori, anche dopo la presumibile entrata in vigore della legge "Alfano-Berlusconi". E cominciamo con l'aggiungere all'elenco di link fissi del blog il tag di un'iniziativa a cui abbiamo già aderito: si tratta di Arrestateci tutti, un piano di disobbedienza civile attraverso l'autodenuncia preventiva del reato di pubblicazione di notizie che secondo questa legge-vergogna non saranno più divulgabili. Con l'auspicio che quanti di voi abbiano un blog personale decidano di utilizzarlo per alimentare il passaparola.

Non abbiamo la presunzione di parlare direttamente alla vostra coscienza, e probabilmente non ne abbiamo nemmeno l'intenzione. Il da farsi ci appare chiaro. La mercificazione delle notizie e delle informazioni, la propaganda, la censura, sono fenomeni difficilmente gestibili sulla rete; convinti quindi che Internet sia diventato l'ultimo (e speriamo il prossimo) vero medium cui rivolgersi, lanciamo questo piccolo appello.
Perché qui sei tu che cerchi le notizie, non il contrario.
In merito a questo, vi invitiamo a spulciare il sottostante elenco di link, dove abbiamo riportato due ennesimi episodi francamente inquietanti: a quanto pare, qualcuno si è messo intesta di minare anche il campo dell'informazione indipendente. Vi troverete la storia di Antonino Monteleone e Carlo Ruta, un giovane reporter e uno storico, i quali questo mese hanno visto chiudere i propri blog in virtù del fatto che parlare di attualità ed esprimere opinioni suffragate da fatti può risultare tanto scomodo da innescare il buon vecchio meccanismo della censura all'italiana. Ora, ciascuno giudichi con la propria testa.
Voi dormite bene la notte? Noi dormiamo così: 0.0!
Elias Canetti, premio Nobel per la letteratura e testimone delle peggiori tragedie del Novecento (si trovò a dover fuggire dalla Germania nazista in quanto ebreo), sosteneva la facoltà di disobbedire alle imposizioni inique come unico rimedio possibile all'irrecuperabile riduzione dell'essere umano a parte della massa. Così scrisse nel libro della sua vita, Massa e Potere: "La via che ci porta fuori dal dominio della morte passa anche attraverso la capacità di disobbedienza di ogni uomo e di ogni donna".
A voi la scelta. Stay tune.





Foo Fighters - The Pretender

sabato 21 giugno 2008

Pulcinella

E’ tutta la vita che ti osservo, ti osservo con l’assorta, sconfortata attenzione del timido che sa ascoltare o con tutta la partecipazione di cui sono capace, e più cose noto di te e più mi accorgo che siamo uguali. Una delle cose che mi colpiscono è il nostro stizzoso vittimismo, la noncuranza nel nostro rassegnarci ai problemi più o meno reali, più o meno risolvibili. Ci intossichiamo l’un l’altro con una livida autocommiserazione e poi stringiamo i denti, mandiamo giù e mentre il più idiota dei sorrisi ci stira la faccia in una smorfia degna di nota per impietosa tragicomicità cominciamo le piccole grandi recite di tutti i giorni; le recite che ci fregano perché propinate in primis a noi stessi. Accorrete numerosi, si alzi il sipario, gli attori sono bravissimi, inizia il grande Vaudeville del far finta di niente. Fai una porcata a un amico, te la prendi con il familiare che non c’entra, commetti un passo falso di cui sai che ti pentirai, magari in buona fede, ma tu fai finta di niente.
Certi bambini si coprono gli occhi con le mani quando hanno paura, la logica è che se non vedi il male il
male non esiste, quei bambini siamo io e te oggi, il male che sentiamo fuori e dentro di noi non lo affrontiamo, non lo sormontiamo, non lo attraversiamo e non lo evitiamo… e stai fresco se pensi che sarò proprio io ad spararti la mia rassicurante ricetta di vita in questi casi. Io coi miei piccoli dolori antichi e adolescenziali, materiali ed esistenziali, eroici e grotteschi, quasi sempre più irreali di quanto al momento non mi eccitasse ammettere: mi ci sono gingillato in tutti i modi suggeriti dalla fantasia più sfrenata con esiti quantomeno alterni. E infatti vallo a sapere, magari che io e te si faccia finta di niente è la soluzione più geniale della storia, magari a fare la faccia di bronzo ci camperemo cent’anni, ma la fregatura c’è: l’escamotage di Pulcinella ha la controindicazione di alterarci gli stati di memoria.
Sono serio, giuro, ho visto con i miei occhi persone generalmente in gamba voltare ostinatamente le spalle ad un difficoltà che chissà, magari quella volta erano reali, e dimenticarsele completamente. Tabula Rasa. Per poi magari scagliarsi contro schiere di emergenze inventate ad uso e consumo del proprio male di vivere… come quell’ingegnoso cavaliere viaggiatore che combatteva burattini e mulini a vento, solo che se il Quijote era una metafora malinconica e vera della nostra follia, io e te quando la nostra follia ce la viviamo diventiamo solo dei coglioni reali. Così uno finisce per lampeggiare verde a problemi magari che ci sono, e finché si tratta delle sue, di rogne, va benissimo, non sarò certo io a fare la paternale a chicchessia, ma quando i problemi che lascia passare ostentando indifferenza sono anche i miei, i tuoi, allora m’incazzo, e sinceramente non ti capisco, se non t'incazzi con me.
Prendiamo un altro noto cavaliere, il nostro Presidente del Consiglio nuovo di zecca: lui è il tipico amico che si sta distraendo. E che tenta con tutti i mezzi di trascinarti per mano nel suo Paese dei Balocchi. Da anni nemesi giurisprudenziali di ogni forma e colore gli stanno addosso come condor; e per inciso rischiano, in caso di dimostrazione delle sue colpe, di tirarsi dietro lo sdegno dei suoi paesani (quello del resto del mondo, del mondo degli adulti se l’è meritato da un pezzo, ma questa è un’opinione personale). Ora mettiamo che sia per assurdo colpevole: i fantasmi del suo sporco passato gli sfilano davanti come una processione di Spiriti del Natale Passato, rendo l’idea? Un ipotetico Silvio, realizzato il suo torto, turbato dall’onta, si affretterebbe a cospargersi il capo di cenere e giustificarsi: prima di fronte a sé stesso per la violenza che si è inflitto (vallo a sapere, magari crede nel karma); e poi, cazzo, a me e a te. A me e a te che ogni giorno guardiamo al barcone su cui volenti o nolenti stiamo navigando e di fronte a tante assurdità, a tante ingiustizie lo vediamo sbandare e smarrire senso: un bateau ivre che con più o meno connivenza abbiamo affidato a questo ineffabile capitano. E invece qual’è l’ultima pensata del Silvio non ipotetico, il Silvio reale, Gran Visir di tutti i Pulcinella d’Italia? Liberarsi da quelle intercettazioni che più di qualsiasi altro strumento hanno permesso a tutti un pur precario contatto con la realtà delle sue gesta (che, in quanto gesta del capitano dell’arca dei miracoli, riguardano anche me e te); in altre parole, di chiudere, e di farci chiudere gli occhi (o in questo caso le orecchie) col nobile scopo di permettere a tutti di continuare al meglio delle loro risorse a fare finta di niente. La logica è che se non vedi il male il male non esiste.
Dedico questo intervento a un’amica che qualche giorno fa, sul lavoro, ha deciso di non fare finta di niente ed si è messa di traverso di fronte ad un’ingiustificata carica ai mulini a vento. Niente paura. E’ finita regolarmente ridimensionata dal Pulcinella-pensiero. E chiudo con una piccola considerazione: se sei arrivato a leggere fino a qui questi deliri insonni nemmeno fossi Beppe Grillo, ovvero nemmeno mi facessero tirar su qualcosa, stai davvero alla frutta. Ma per dimostrarti che non sto facendo sul serio mando la canzone che, chissà perché, mi ronza in testa da quando ho cominciato a pensare a quest’argomento e che in questo momento mi sta tenendo su a dispetto di un giustificatissima stonatura.





Red Hot Chili Peppers - Give It Away


CHIEDO SCUSA PER L'ESTEMPORANEA RIFLESSIONE POLITICA. PROPRIO PER COMPENSARE LA SUA SOMMARIETA' AGGIUNGO I LINK DI DUE VIDEOCONFERENZE DEL GIORNALISTA MARCO TRAVAGLIO A MIO PARERE UTILI AD INTRODURRE LA "QUESTIONE INTERCETTAZIONI" CHE, PUR TRATTATA QUI CON UNA CERTA LEGGEREZZA, MI SEMBRA MOLTO GRAVE. GRAZIE PER L'ATTENZIONE. PASSAPAROLA 9/6/08 - "PROVE TECNICHE DI FASCISMO"
E PASSAPAROLA 16/6/08 - "CORTINA DI FERRO PER I DELINQUENTI"

domenica 8 giugno 2008

Free Karma Food

Ultimamente ho avuto il piacere di leggere Free Karma Food, romanzo solista di Wu Ming 5.
In un futuro apocalittico datato 2025, bovini e suini non esistono più. Le principali fonti di carne divengono allora cani, gatti, uomini.
La trama si riduce, come spesso accade per i romanzi solisti di Wu Ming, a un balletto incontrollato che ti tiene incollato al libro fino all'ultima sillaba.
D'altro canto, come raccontare un libro del genere? Suona estremamente riduttivo cercare di descrivere personaggi, stile, ambientazioni, contenuti. Per chiunque fosse interessato, qui è possibile reperire di tutto.

Chi sono 'sti maledetti Wu Ming? Mah. Nemmeno io credo di conoscerli; so solo che scrivono libri da paura (ti fanno rizzare i capelli in testa, direbbe Will Hunting). In ambito editoriale seguono i principi del copyleft. I loro testi sono scaricabili gratuitamente dalla rete, e nonostante questo mantengono alto il livello delle vendite.

Perchè?

Credo che la faccenda sia semplice.
Ci sono alcune persone che si chiedono quanto valga la proprietà intellettuale, e se davvero questa possa esistere. Non è forse vero che il sapere umano appartiene al mondo? Che si tratti di un libro, di un film, di una pezzo musicale, di righe di codice, che differenza fa? Quanto costa un'idea?
Quantificare in termini economici un'opera di intelletto è un atto criminale. Inibire la condivisione in questo senso ponendo come alternativa l'arricchimento personale a discapito del pubblico è grottesco.

Esempio lampante: la comunità dell'Open Source. Princìpi di libera circolazione delle informazioni che si traducono in software aperto al mondo, gratuito e qualitativamente superiore al Closed Source. Dietro tutto questo, ci sono persone mosse dalla passione, e non dalla sfrenata ricerca di un tornaconto personale.

Da sempre ho ritenuto concetti del genere scontati, ovvi, almeno per tutti i giovini di belle speranze di mia conoscenza. Solo negli ultimi anni mi è capitato di incontrare ragazz* che la pensavano diversamente. Frase tipica: se faccio un lavoro, stai sicuro che voglio essere pagato.
A questo punto mi permetto di chiudere con una stronzata: alle medie o al liceo, durante i compiti in classe, avete mai preteso soldi in cambio di un suggerimento?





Pink Floyd - Money

sabato 7 giugno 2008

Glasnost

Sono abbastanza giovane da essere entrato a scuola in un momento in cui ormai gli adulti si rendevano conto di avere a che fare con una generazione di cuccioli di pubblicità. Io e i miei coetanei stavamo venendo su a merendine e consigli per gli acquisti; e in certe classi che ho frequentato si respirava più arroganza e più razzismo che in una caserma della polizia boera. Non fraintendermi: non ho la presunzione di ritenere che bullismo, conformismo e conseguente discriminazione siano un male di questi giorni. Posso sostenere con sufficiente sicurezza che prepotenti e fighetti affliggono la persona umana da quando la società si è evoluta dallo stadio di banda; cinquemila anni fa a lezione dallo scriba Sekhtefnut fregava al mite Amenhotep la ricotta di papiro della merenda e in tempi più recenti Favonius gettava fango di strada a Mecilius, figlio di liberto...
Credo però di poterti dire (buttandola giù molto semplice) che la mia generazione sia stata presa di mira dal marketing a livelli davvero più intensivi delle precedenti; e che forse sia stata la prima ad aver sperimentato le reazioni (vuoi di protezione, vuoi di acquiescenza) da parte degli adulti attorno a noi, dalle famiglie e dall'educazione istituzionale. C'è un ricordo, in particolare, che mi ha dolcemente condotto sui binari di questo discorso spinoso, che anche adesso reputerei più consono ad un servizio fintamente moraleggiante alla Studio Aperto che al blog di un ventunenne. Doveva essere la seconda, terza media, e uno di questi maestri di vita di professione un giorno stette effettivamente a spiegarcelo, che c'era l'Essere e c'era l'Apparire, e che erano due cose distinte; che nelle nostre vite sentivamo da ogni parte impulsi a vivere come un gregge di pecore, e questo era conformismo ed era da idioti. Noi annuivamo illuminati, tutti. A guisa di bestiame. Nove, su dieci di noi, accoglievano a gran voce propositi e dichiarazioni di indipendenza e tolleranza e si comportavano all'esatto opposto.
Ovviamente.
Sia chiaro che non è mia intenzione puntare ditoni accusatori né tirarti un pippone morale, ma di riflettere su di un proposito (Studio Aperto lo definirebbe un valore, è per che questo io lo introduco come proposito) per me importante, spesso protagonista delle mie crisi di coscienza, e che a volte riesco persino a mantenere. Parlo di trasparenza, che per me significa qualcosa di simile al buon vecchio sii-te-stesso (quello che nei film americani finisce per farti risolvere i problemi relazionali e rimorchiare la squinzia. Considerazione di vita vissuta: non è vero). Ma anche più profondo. Che fino a nuova risoluzione reputo uno dei migliori antidoti in circolazione all'omologazione che vedo in atto nei miei simili, quel conformismo che Freud chiamava "la miseria psicologica della massa", che se non altro ha l'indubbio svantaggio di trasformarci in pallide imitazioni di perfetti idioti (avvertenza per inciso: se non riconosci tale omologazione in atto, puoi anche smettere di leggere. Tanto non voglio provare a convincerti del contrario. Almeno adesso).
Voglio essere una persona trasparente; e questo non significa solare ed estroversa, perché nel mio caso prendo atto di essere il più delle volte il contrario. Ma voglio essere onesto e rispettoso con gli altri (dopo esserlo stato con me stesso, si spera), senza prenderli per il culo con atteggiamenti che non mi appartengono: sono una persona vera, quindi mi piacerebbe anche comportarmi di conseguenza. Al di là di tutte quelle piccole falsità che sparo ogni giorno, il criticismo disilluso e il suo contrario, la mansueta condiscendenza, e quella faccia da duro che mia madre (santa donna!) chiama "la mia espressione alla Clint Eastwood", che mi viene quando se fossi trasparente ostenterei un'ansia alla Woody Allen. E di qualche concessione alla bieca immagine (lo so, lo so, giacca di pelle e moto custom servono a gettarti fumo negli occhi. Ma almeno me li sono scelti facendo appello a tutte le mie facoltà critiche. Il look è importante, le mode sono una grande cazzata).
La felicità è data dalla libertà e la libertà è data dal coraggio. Questa riflessione (è di Pericle, amico mio, mica di Buttiglione) mi segue da anni, fedele come un cane e scomoda come una spina nel piede. Sì, perché ci vuole un fegato non da poco per riuscire ad affrontare se stessi ed uscirne consapevoli, perché in ognuno di noi si celano ombre che ci mettono imbarazzo, rimorso, paura; ma è necessario perché i pericoli che attentano alla nostra realizzazione si nascondono più dentro di noi che nelle congiunture economiche, nei governi e nell'immigrazione clandestina. Una volta raggiunto un equilibrio tra noi e il nostro mondo interiore dovremmo però sapere aprirci gli altri, rendendoli partecipi della nostra libertà. Con orgoglio, ma senza sprezzo dell'altro, dato che già che c'eravamo avremmo potuto anche imparare un po' di umiltà. E non saremmo più gregge, ma persone, perché ognuno di noi ha la sua storia, i suoi tesori, i suoi abissi (Siamo una cosa sola, baby... ma non siamo la stessa cosa). Questo intendo per trasparenza e so che non ne saremo tutti sempre all'altezza, il sottoscritto in testa. Perché la trasparenza si nutre di coraggio, dal momento che ci costringe a sfidare noi stessi e gli altri, e dal momento che, diciamocelo, come l'onestà... non conviene.
Voglio essere una persona trasparente; voglio rivelare invece di nascondere. Voglio coinvolgerti invece che distrarti; oppure lasciarmi ignorare. Spero di raccogliere il coraggio.





Audioslave - Be Yourself

giovedì 29 maggio 2008

Look closer

Niente, non ci riesco.

Volevo parlarvi, sulla scia del primo autore di questo blog, circa gli intenti, i propositi, gli obiettivi, le speranze di queste pagine digitali.
Ma proprio non ce la faccio.
Cosa volete che vi dica? Se cercate maestri di vita, avete sbagliato posto. Se puntate su qualcuno che vi dica cosa fare, come comportarvi, in cosa credere, allora siete davvero fuori strada.

Niente di più che ideologie su basse frequenze.
Niente di meno che pensieri ipoteticamente organizzati.

Non esiste un target giusto, idoneo; se stai leggendo, allora devi avere un motivo (fosse anche coercizione, svista o noia).
Per adesso, resisto alla tentazione di parlarti di me, degli anni che ho collezionato quasi fossero caramelline di una di quelle collane da parco giochi. Dei tormenti, delle gioie, dei rimpianti e di tutto il resto. Maledizione, bazzichiamo lo stesso spicchio di cielo, sono sicuro che sai di che parlo.
Quindi? Di cosa si tratta?

Ho solo in mente il frammento di un film. Posso lasciarti questo, almeno fin quando non troverò di meglio da proporti; spero vorrai accettarlo.
American Beauty. Per un attimo, viene inquadrato un foglio appeso al loculo di Lester, sul quale si leggono due parole. Due parole evocative.

Look closer

Tu credi nel karma?


Radiohead - Karma police

Iniziamo bene

Oggi non sei nessuno se non hai un blog.
E' stato partendo da questa sentenza presuntuosa e superficiale che fino ad ora non avevo mai accarezzato l'idea di tenerne uno. Mi piace pensare che chi sia avvezzo ai miei labirintici percorsi di ragionamento vi riconosca una mia reazione tipica. Non che io sia il classico bastian contrario (per inciso li trovo spesso poco sopportabili): ma le considerazioni condivise destano in me un sospetto rissoso e indagatore che mi rende impossibile accettare senza riserve il pensiero comune di turno. Sospetto che peraltro custodisco e nutro con gelosia a protezione della mia anima e, devo ammetterlo, anche a consolazione della mia vanità. In questo modo nella mia vita cosa alcune cose ho finito per accettarle (moto, primo spinello), altre per bocciarle (coca, piccoli furti, militanza politica), ma sempre dopo fiere danze di guerra dei miei sospetti e concitati vertici con la mia coscienza.
E infine ho accettato l'idea di farmi il mio bravo blog, ripartendo dalla capovolta prospettiva di approfittare dell'opportunità che la rete concede a chiunque non solo di creare un diario "personalizzato", ma di pubblicarlo a prescindere dalla notorietà, della posizione e della disponibilità di mezzi; opportunità che persino un pivello come me si rende conto essere una frontiera vergine e di potenzialità ancora non completamente espresse, difficilmente concepibile in tempi di
cui addirittura il sottoscritto ha memoria. Ho capito di avere in realtà dentro di me un fiume di parole che in uno zibaldone aperto al mondo avrebbero trovato uno spazio perfetto.
In un certo senso il primo destinatario di queste parole a venire sarò io stesso, un diario rappresenta innanzitutto l'esplorazione del nostro mondo interiore (impresa non da poco, come sapevano a Delfi, che coinvolge le facce più diverse del nostro animo, la nostra razionalità più acuta come il nostro inconscio più insondabile). L'amica a cui scriveva Anna Frank era in realtà lei stessa, e con sè stesso Marco Aurelio sosteneva i suoi colloqui filosofici. Mi piace l'idea di conquistare uno spazio dove mettere alla prova i grandi e piccoli temi della mia vita, uno spazio di riflessioni ribelli, rassicuranti cazzate, tempesta e impeto, che col tempo possa diventare uno spazio di memoria
.
Ma d'altra parte se l'unica persona interessata dalle ragioni dello scrivere fosse stata il sottoscritto voi non solo non stareste qui a leggere queste mie mestruazioni mentali, ma probabilmente non sareste nemmeno a parte del mio progetto di disegnarne i suoni. L'altra persona a cui sto pensando in questo momento, dunque, sei tu. In verità più che il bisogno di un journal intime a convincermi ad imbarcarmi in questa nuova esperienza è stata proprio la prospettiva che tu potessi trovarti a leggere dei miei pensieri; e questo, s'intende, senza la presunzione che possano essere pensieri particolarmente profondi, brillanti o epifanici. E' un messaggio in bottiglia, in fondo. E' solo un'ennesima forma di comunicazione: ma questa sì, rispondente a un impulso che ho sentito fortemente per la prima volta. Spero che tu sia un amico che mi riconoscerà in qualche espressione, un conoscente con cui forse non avrei avuto occasione di confidarmi altrimenti, un perfetto sconosciuto che possa sentire toccate delle corde del suo cuore magari così lontano, magari così vicino al mio.
Un paio di precisazioni sull'impostazione che sto conferendo a questo blog: al termine di ogni intervento posterò il video di un brano musicale; la canzone che in quel momento troverò più consonante a quell'argomento. Musica dalla musica più significativa della mia vita. Spero che il perché finisca col risultare chiaro per evidenza: certe idee e certe passioni trovano in una canzone un'espressione più compiuta che in cento capitoli di qualunque blog. Non solo, la musica diventa spesso, per così dire, tafano e levatrice: tanto che posso prevedere tranquillamente che gran parte delle riflessioni che finiranno pubblicate qui saranno state direttamente ispirate da una canzone
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Infine, per chi ha letto la mia
presentazione è l’ha trovata micragnosa ribadisco che la suddetta presentazione vuole essere una richiesta, un invito, una sfida, per chi non mi conosce affatto e per chi crede di conoscermi, e infine per chi mi conosce meglio del sottoscritto. Quello che dico è: non inquadratemi. Non etichettatemi. Non cercate di indovinare per quale partito avrò votato o quale sarà stata la mia opinione su Siddartha o Il Gabbiano Jonathan Livingstone. C'è una sola cosa che conta in questo blog. Non l'hai ancora capito?


Io sono qui, come tu sei qui, come tu sei me e noi siamo insieme





The Beatles - I Am The Walrus