giovedì 29 maggio 2008

Look closer

Niente, non ci riesco.

Volevo parlarvi, sulla scia del primo autore di questo blog, circa gli intenti, i propositi, gli obiettivi, le speranze di queste pagine digitali.
Ma proprio non ce la faccio.
Cosa volete che vi dica? Se cercate maestri di vita, avete sbagliato posto. Se puntate su qualcuno che vi dica cosa fare, come comportarvi, in cosa credere, allora siete davvero fuori strada.

Niente di più che ideologie su basse frequenze.
Niente di meno che pensieri ipoteticamente organizzati.

Non esiste un target giusto, idoneo; se stai leggendo, allora devi avere un motivo (fosse anche coercizione, svista o noia).
Per adesso, resisto alla tentazione di parlarti di me, degli anni che ho collezionato quasi fossero caramelline di una di quelle collane da parco giochi. Dei tormenti, delle gioie, dei rimpianti e di tutto il resto. Maledizione, bazzichiamo lo stesso spicchio di cielo, sono sicuro che sai di che parlo.
Quindi? Di cosa si tratta?

Ho solo in mente il frammento di un film. Posso lasciarti questo, almeno fin quando non troverò di meglio da proporti; spero vorrai accettarlo.
American Beauty. Per un attimo, viene inquadrato un foglio appeso al loculo di Lester, sul quale si leggono due parole. Due parole evocative.

Look closer

Tu credi nel karma?


Radiohead - Karma police

Iniziamo bene

Oggi non sei nessuno se non hai un blog.
E' stato partendo da questa sentenza presuntuosa e superficiale che fino ad ora non avevo mai accarezzato l'idea di tenerne uno. Mi piace pensare che chi sia avvezzo ai miei labirintici percorsi di ragionamento vi riconosca una mia reazione tipica. Non che io sia il classico bastian contrario (per inciso li trovo spesso poco sopportabili): ma le considerazioni condivise destano in me un sospetto rissoso e indagatore che mi rende impossibile accettare senza riserve il pensiero comune di turno. Sospetto che peraltro custodisco e nutro con gelosia a protezione della mia anima e, devo ammetterlo, anche a consolazione della mia vanità. In questo modo nella mia vita cosa alcune cose ho finito per accettarle (moto, primo spinello), altre per bocciarle (coca, piccoli furti, militanza politica), ma sempre dopo fiere danze di guerra dei miei sospetti e concitati vertici con la mia coscienza.
E infine ho accettato l'idea di farmi il mio bravo blog, ripartendo dalla capovolta prospettiva di approfittare dell'opportunità che la rete concede a chiunque non solo di creare un diario "personalizzato", ma di pubblicarlo a prescindere dalla notorietà, della posizione e della disponibilità di mezzi; opportunità che persino un pivello come me si rende conto essere una frontiera vergine e di potenzialità ancora non completamente espresse, difficilmente concepibile in tempi di
cui addirittura il sottoscritto ha memoria. Ho capito di avere in realtà dentro di me un fiume di parole che in uno zibaldone aperto al mondo avrebbero trovato uno spazio perfetto.
In un certo senso il primo destinatario di queste parole a venire sarò io stesso, un diario rappresenta innanzitutto l'esplorazione del nostro mondo interiore (impresa non da poco, come sapevano a Delfi, che coinvolge le facce più diverse del nostro animo, la nostra razionalità più acuta come il nostro inconscio più insondabile). L'amica a cui scriveva Anna Frank era in realtà lei stessa, e con sè stesso Marco Aurelio sosteneva i suoi colloqui filosofici. Mi piace l'idea di conquistare uno spazio dove mettere alla prova i grandi e piccoli temi della mia vita, uno spazio di riflessioni ribelli, rassicuranti cazzate, tempesta e impeto, che col tempo possa diventare uno spazio di memoria
.
Ma d'altra parte se l'unica persona interessata dalle ragioni dello scrivere fosse stata il sottoscritto voi non solo non stareste qui a leggere queste mie mestruazioni mentali, ma probabilmente non sareste nemmeno a parte del mio progetto di disegnarne i suoni. L'altra persona a cui sto pensando in questo momento, dunque, sei tu. In verità più che il bisogno di un journal intime a convincermi ad imbarcarmi in questa nuova esperienza è stata proprio la prospettiva che tu potessi trovarti a leggere dei miei pensieri; e questo, s'intende, senza la presunzione che possano essere pensieri particolarmente profondi, brillanti o epifanici. E' un messaggio in bottiglia, in fondo. E' solo un'ennesima forma di comunicazione: ma questa sì, rispondente a un impulso che ho sentito fortemente per la prima volta. Spero che tu sia un amico che mi riconoscerà in qualche espressione, un conoscente con cui forse non avrei avuto occasione di confidarmi altrimenti, un perfetto sconosciuto che possa sentire toccate delle corde del suo cuore magari così lontano, magari così vicino al mio.
Un paio di precisazioni sull'impostazione che sto conferendo a questo blog: al termine di ogni intervento posterò il video di un brano musicale; la canzone che in quel momento troverò più consonante a quell'argomento. Musica dalla musica più significativa della mia vita. Spero che il perché finisca col risultare chiaro per evidenza: certe idee e certe passioni trovano in una canzone un'espressione più compiuta che in cento capitoli di qualunque blog. Non solo, la musica diventa spesso, per così dire, tafano e levatrice: tanto che posso prevedere tranquillamente che gran parte delle riflessioni che finiranno pubblicate qui saranno state direttamente ispirate da una canzone
.
Infine, per chi ha letto la mia
presentazione è l’ha trovata micragnosa ribadisco che la suddetta presentazione vuole essere una richiesta, un invito, una sfida, per chi non mi conosce affatto e per chi crede di conoscermi, e infine per chi mi conosce meglio del sottoscritto. Quello che dico è: non inquadratemi. Non etichettatemi. Non cercate di indovinare per quale partito avrò votato o quale sarà stata la mia opinione su Siddartha o Il Gabbiano Jonathan Livingstone. C'è una sola cosa che conta in questo blog. Non l'hai ancora capito?


Io sono qui, come tu sei qui, come tu sei me e noi siamo insieme





The Beatles - I Am The Walrus