lunedì 29 settembre 2008

Sono pronto a tuffarmi

Ragazzi, non mi sembra possibile. Davvero. Mi sento come se mi fossi svegliato solo adesso da una sbornia che mi abbia ottuso a tal punto da perdere di vista tutto quanto ho diligentemente programmato da un anno a questa parte: non mi ero reso conto che fosse così tardi! Oggi parto, gente, ho una valigia della taglia di un mediomassimo che mi guata dall’angolo della stanza come a dire okay, amico, siamo in ballo, balliamo. E’ solo una lady che non vuole essere lasciata ad aspettare, eppure parla (parla!) con un linguaggio da sergente da pellicola. Tic tac, la corsa delle lancette della sveglia rincara la dose, mi condanna ad una fretta che non voglio e non sento. Perché ora come ora vorrei solo essere lasciato solo a godermi questa sensazione di sorpresa, la stupefacente sorpresa di quando sei tu stesso a tirare fuori il jolly dalla manica. Ma facciamo un passo indietro. Vivevamo vite facili, spesso ci inventavamo problemi assurdi per ammazzare il tempo perché eravamo assediati dalla noia, così ho progettato una fuga, un’evasione da quell’assenza di problemi che cominciava a prudermi. Mi eccitava l’idea di andarmi a cercare un po’ di sana ansia, di rompere un po’ di ponti e di gettare le basi di qualcosa di nuovo. Solo, non avevo ancora realizzato di esserci arrivato così a un passo. Piacevole l’idea di levare le tende ed andare a tentare qualcosa di ancora intentato da qualche parte che puoi solo immaginarti, quando sai che domani notte dormirai nel tuo letto caldo. Un po’ meno quando non sai dentro (o fuori) quali mura dormirai la prossima volta. Quale sarà l’ultima faccia che avrai visto prima di farlo. Quale sarà l’ultima lingua in cui avrai parlato. L’esatto contrario della prevedibilità, e anche della tranquillità, direi. Eppure, non sarebbe così divertente senza tante incognite.

Dicevamo, partirò, parto, sto partendo. Per quanto? Sei mesi. Per dove? Un posto di cui so solo il nome: Volos. Beh, so anche che è il luogo di nascita di De Chirico e quello di partenza di un’altra spedizione non meno epica della mia, quella di Giasone e dei suoi Argonauti alla ricerca del vello d’oro. Perché? Ci sono ragioni accademiche, ma quelle le lascerò a qualcuno che se ne possa intendere, mica al primo capitato… Con te parlerei piuttosto di quelle ragioni che proprio in questo momento mi stanno facendo iperventilare davanti al sole che sorge nella finestra davanti a me. Della noia, abbiamo detto. Della voglia di mettermi alla prova? Ma non solo. Volevo vedere come il mondo che ho sempre sentito come se girasse intorno a me se la sarebbe cavata in assenza del sottoscritto. Volevo fare le prove generali della fuga, quella vera, da casa. E, last but not least, volevo vedere se è vero quello che si dice se entri in un bar greco e ordini un caffè greco (che è anche a livello molecolare indistinguibile dal caffè turco) chiamandolo caffè turco. Ah, e volevo mettere un po’ di mare tra me e quest’Italia in cui mi sento sempre più clandestino, concedermi il lusso di mescolarmi per un po’ alla folla di stranieri illuminati che ormai da ogni lato si divertono a sbertucciare questo nostro paese di Pulcinella come se non fosse un problema loro (e dico clandestino perché, amico mio, non è più soltanto un discorso di politica; ‘fanculo la politica: ormai diventa sempre più un discorso di dignità, e che…).
Avevo immaginato tante cose belle, vere, vincenti da scrivere nei giorni scorsi, quando la partenza era lontana abbastanza da non farsi toccare. Probabilmente sarebbero suonate anche migliori. Ma nell’urgenza del momento, nel bisogno di renderti partecipe ancora una volta di quello che mi schizza nella testa le ho dimenticate tutte. Avevo concluso l’ultimo post confessandoti che mi eri mancato, che mi era mancata la speranza di coinvolgerti in tutto quello che pulsava appena più forte tra tutte le banalità di ogni giorno. Ma ora non voglio che tu mi manchi, né voglio mancarti. Sono pronto a tuffarmi. Avrai mie notizie nel momento perfetto.
Vuoi sentire per dieci minuti quello che sto sentendo da una notte? Allora mi raccomando, regalateli e ascoltati bene questo live!






2 commenti:

Anonimo ha detto...

di certo attualmente sei impegnato nell'esplorazione fisica di quello spicchio di cielo(a cui sono annessi un lembo di terra e un braccio di mare) che, a prescindere dalle dimensioni spazio temporali realmente possedute, ti consentirà di scrivere per l'intera vita. Perchè le emozioni tessono la consistenza del nostro vivere. Ma ai lettori del tuo blog non pensi?
Ti abbraccio
Mamma

Anonimo ha detto...

Mi associo alla richiesta di novità, e invito gli Autori a renderci partecipi con ulteriori e sicuramente interessanti spunti di riflessione!
Silvietta